Cos’è la danza urbana oggi? Intervista a Massimo Carosi. Parte 1

6 Dicembre 2021
di Danza Urbana
  • danza urbana bologna

In occasione dell’avvio di due delle azioni di Dancescapes, progetto che vuole sostenere e diffondere la cultura della danza urbana con supporti concreti, abbiamo incontrato Massimo Carosi direttore dell’Associazione Danza Urbana di Bologna che organizza e promuove l’iniziativa con il sostegno del MIC – Ministero della Cultura, della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e con il supporto di h(abita)t – rete di spazi per la danza. Se dal 13 al 18 dicembre 2021 iniziano i laboratori e gli incontri di In a Landscape, bando per la partecipazione a una residenza formativa intensiva, tesa ad approfondire le conoscenze e le competenze dei giovani autori sulla danza urbana, dal 6 al 17 dicembre 2021 partono le residenze di Bodyscapes, bando che ha assegnato due borse di ricerca e residenza a La möa di Lorenzo Morandini, indagine coreografica nel paesaggio naturale e lungo i corsi d’acqua, e a Sull’irrequietezza del divenire, progetto di ricerca multidisciplinare per paesaggi urbani in cui interagiscono la danza, il suono e l’immagine, ideato dalla coreografa Elisa Sbaragli, dal musicista Edoardo Sansonne/Kawabate e dal tecnico intermediale Fabio Brusadin.

Un’intensa chiacchierata divisa in due parti (leggi QUI la seconda parte), in cui abbiamo approfondito la danza urbana, la sua definizione, i suoi cambiamenti, le sue necessità, fino ad approdare a Dancescapes che vuole sbrigliare il sistema italiano dando ai/alle autori/autrici la possibilità di avere non solo un sostegno concreto, ma anche di nutrire la propria creatività e formazione attraverso l’incontro con figure di rilievo del panorama culturale italiano.

Cos’è la danza urbana oggi?

È un ambito della scena contemporanea che indaga ed esplora la relazione con i luoghi attraverso la danza e la coreografia. Comprende forme spettacolari che si rapportano non alla scatola scenica ma a spazi altri. Con danza urbana all’estero ci si riferisce alla danza hip hop che dalle strade è approdata ai grandi palcoscenici. Invece in Italia intendiamo l’esatto opposto. La danza contemporanea, che finora ha abitato perlopiù lo spazio teatrale, ha cominciato a esplorare spazi urbani e non solo. La parola paesaggio ha iniziato a essere sempre più ricorrente nei discorsi attorno alle arti performative, dando impulso a nuovi campi di indagine, all’elaborazione di pratiche artistiche e a sperimentazioni di linguaggio. Il concetto di paesaggio interroga, infatti, gli artisti sulle possibili forme dell’evento teatrale e delle sue modalità di fruizione. Quando parliamo di danza urbana il concetto di luogo e non solo quello di spazio – è fondante, poiché la danza è posta in relazione con un dato contesto. In teatro si lavora in una dimensione spaziale preordinata, all’interno della quale si costruisce la rappresentazione teatrale, e lo spazio, che è replicabile, misurabile, definito, astratto, prevale sul luogo.

Se ci confrontiamo con un luogo non convenzionale siamo difronte a una dimensione indefinita e non replicabile, unica e variabile a seconda delle ore del giorno e della notte, delle persone e degli elementi naturali che lo abitano o lo attraversano. Il luogo, quindi, è in continuo divenire; lo spazio dentro il teatro, invece, è pensato per ridurre al minimo i rumori della vita quotidiana, per astrarsi da un dato contesto e prevede delle forme architettoniche standardizzate. La danza urbana pone l’accento sul luogo e sulla relazione che costruisce con esso, scivolando così dalla danza come rappresentazione a un’idea di danza come esperienza e condivisione. Ecco che nel paesaggio ritroviamo entrambi i concetti, perché si sovrappongono e si fondono vari elementi: il culturale e il naturale, il razionale e il percepito.

In conclusione, diciamo genericamente che con danza urbana ci riferiamo a tutte le creazioni di danza che si collocano fuori dall’edificio teatrale, dei palchi o arene all’aperto. Allo stesso tempo, tutto ciò che si colloca fuori dall’edificio teatrale non sempre è parte dell’ambito della ricerca coreografica che pone come elemento di investigazione, come paradigma, il paesaggio.

danza urbana bologna

Come si interviene allora all’interno di un paesaggio? Come avviene il processo esperienziale?

Il primo approccio dei paesaggisti solitamente non è quello di creare, ma di innescare o concorrere a dei processi canalizzandoli in una certa direzione. Mi spiego meglio: il paesaggio è legato alla ciclicità degli eventi atmosferici e del tempo e agli elementi vitali che lo abitano, che non sono necessariamente umani e che possono determinare cambiamenti profondi. Il paesaggista sa che interviene in un contesto in continua evoluzione e sa che deve conoscere bene quel micro o macro cosmo per capire come operare affinché dei processi si attivino. Progettare in relazione al paesaggio ci mette in una condizione di orizzontalità, collettività, condivisione. Non si è mai un unico autore. C’è un concorso di tanti elementi e di tanti soggetti, la costruzione di un ascolto, di un dialogo e di una processualità.

Dancescapes vuole supportare la danza urbana puntando alla formazione e al sostegno degli artisti e delle artiste italiani/e. Quali sono le motivazioni e le necessità che hanno fatto nascere questo progetto?

In questo momento storico c’è una forte spinta al cambiamento, determinata dalla crisi climatica e quindi dalla cosiddetta transizione ecologica, dalla agenda 2030, da una serie di fattori che portano a osservare il tema della natura, dell’ambiente, dello spazio urbano. Una tendenza che con la pandemia ha aperto una discussione su come riabitare gli spazi pubblici ponendo al centro due questioni: l’ambiente inteso come natura, la qualità dello spazio condiviso e della relazione.

Diversi bandi e diversi festival lanciano molte iniziative che seguono questa direzione. Però c’è un elemento nel sistema danza italiano che imbriglia tutto e che, in questi anni, non ha permesso lo sviluppo di realtà che operino esclusivamente nella danza urbana. Gli autori e le autrici attraversano questo ambito senza mai veramente abitarlo perché in realtà non è ancora riconosciuto dalle istituzioni. In particolare il Ministero non riconosce gli spettacoli gratuiti. Sembra una piccola cosa. Di fatto implica che la danza urbana non possa essere rendicontata da chi crea e dai programmatori. Così si limita la spinta culturale e la possibilità per questo ambito della scena di essere ancora più efficace e puntuale.

Di esperienze importanti in Italia ce ne sono ma sono abbastanza poche.
Spesso la danza urbana viene travisata. Per esempio, i giovani autori, che vogliono rapportarsi a un territorio e a una comunità, nelle loro creazioni utilizzano l’elemento della partecipazione del pubblico, senza sapere bene come gestirlo: basta coinvolgere il pubblico per poter parlare di partecipazione? Come e per quale finalità si coinvolge lo spettatore?

Allora c’è una questione di fondo: come aprire una riflessione, come permettere lo sviluppo di idee che affrontino realmente queste tematiche? Da un lato dobbiamo sbrogliare il nodo del sistema italiano, dall’altro dobbiamo favorire una conoscenza e una cultura della danza urbana, che possano nutrire maggiormente la ricerca, la creatività degli artisti, l’esplorazione e l’indagine. È proprio partendo da questo contesto che abbiamo immaginato di sviluppare Dancescapes.

Alessandra Corsini

Clicca QUI per leggere la seconda parte dell’intervista a Massimo Carosi!

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