Danzare come bisogno primario: il punto di vista di due danzatrici
Martina La Ragione, coreografa e danzatrice, prende parte, insieme a Gioia Morisco, al progetto artistico 3puntozero, che cerca di diffondere la voglia di riabitare le strade, apparendo in luoghi sconosciuti sul territorio bolognese ad orari sempre differenti. Non perdetevi l’intervista, in cui risponderanno alle nostre curiosità e indiscrezioni.
1- Come vi siete conosciute tu e Gioia?
Ci conosciamo da tanto tempo perché lavoriamo insieme da molti anni, soprattutto nella danza e da quando anche sono entrata a far parte di Art Factory International e varie piattaforme di danza.
2- L’idea di creare queste apparizioni nella città a chi è venuta? Quando?
3puntozero è un progetto ideato da Massimo Carosi ed è stato lui a coinvolgerci nella realizzazione perché ha visto che io e Gioia, sul territorio bolognese, conduciamo Urban Dance Training, un progetto di ricerca coreografica con “Saint Pacific”, un gruppo nomade che ci segue in più punti della città. Noi vogliamo fare esperimenti nell’ambiente urbano non solo a livello locale e per questo Massimo ci ha contattate, in modo da creare un progetto simile a quello.
3- Leggendo la brochure degli artisti, abbiamo avuto modo di notare che avete collaborato anche con artisti e coreografi esteri: sono state delle belle esperienze o delle esperienze delle quali vi siete pentite?
Io e Gioia, che in primis siamo danzatrici, abbiamo lavorato molto all’estero durante la nostra carriera facendo esperienze che ci hanno arricchite, gratificate e ci hanno formate influenzando anche i nostri lavori successivi.
Per quale motivo avete scelto questo percorso artistico, quello della danza?
Perché siamo entrate nel mondo della danza? È una domandona, questa! Potrei stare qui delle ore… Io danzo da quando avevo otto anni e Gioia ha iniziato quando ne aveva venti. Uno abbraccia una certa disciplina per diversi motivi. Per me è stato perché ho sempre voluto far quello, ce l’avevo chiaro, è sempre stato quello e non ho mai smesso. Gioia perché aveva bisogno di trovare un appoggio, un linguaggio, un’espressione, che è la stessa cosa che cercavo io, solo che, essendo molto più piccola era più inconscio che voluto. Penso che ci sia stato un bisogno fisico, mentale, di scegliere una strada, di intraprendere più o meno una disciplina. È la cosa più bella del mondo, perché non puoi farne a meno né vuoi farne a meno, perché è il tuo modo di esprimerti, è la tua creatività che esce fuori muovendo il corpo. Crescendo ci sono tantissime altre cose che si vanno ad aggiungere a questo bisogno, se vogliamo dire, primordiale: ci sono i desideri, le specialistiche…te ne potrei dire infiniti.
– Certo, un sogno fin da quando eravate piccole, diciamo.
Sì, da bambino lo puoi chiamare un sogno, quando sei grande è proprio un bisogno di comunicare, è un modo di essere artista e di fare arte attraverso l’espressione corporea. Spesso quando danzi non ti chiedi dove arriverai, lo fai e basta, perché hai bisogno di farlo. Quindi, è difficile vivere di questo, è difficile farlo diventare un lavoro a tempo pieno, lo fai per passione, non perché hai un sogno e chissà dove vuoi arrivare…No, lo fai perché hai bisogno di farlo.
4- Qual è la cosa che amate maggiormente quando danzate?
La cosa che amiamo di più nel ballo mentre danziamo? Beh, io ti potrei dire che c’è una sorta di adrenalina, una sfida. Andare davanti ad un pubblico è comunque rendersi conto che c’è un’esposizione doppia sia dal punto di chi è performer che dal pubblico e questo è molto importante, soprattutto, quando si raggiungono dei buoni livelli di comunicazione.
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